IN SERVIZIO FINO A 70 ANNI: PER LA SCUOLA UN TRATTAMENTO DI MAGGIOR FAVORE
23-03-2017
A cura dell'avv. Emiliano Caliolo
Il trattenimento in servizio è un istituto che consente ai dipendenti pubblici di rimanere sul posto di lavoro per un ulteriore lasso di tempo oltre il compimento dell'età pensionabile di vecchiaia, cioè oltre i 66 anni e 7 mesi. Prima del decreto legge sulla Riforma della pubblica amministrazione (Dl 90/2014), il dipendente pubblico poteva chiedere, e l'amministrazione concedere, il trattenimento per un biennio dopo il compimento dell'età pensionabile (es. da 66 a 68 anni). Il Decreto legge 90/2014 ha provveduto all'abolizione dell'istituto a partire dal 1° novembre 2014 eliminando, pertanto la possibilità per il lavoratore di chiedere di restare in servizio oltre il limite anagrafico per il pensionamento di vecchiaia. Attualmente, pertanto, al perfezionamento dei 66 anni e 7 mesi l'amministrazione pubblica deve obbligatoriamente collocare a riposo d'ufficio il dipendente.
Resta solo un'eccezione: laddove, al compimento della predetta età, il lavoratore non abbia raggiunto il requisito contributivo minimo per ottenere la pensione di vecchiaia (cioè 20 anni di contributi) questi può chiedere comunque il trattenimento a condizione che raggiunga il predetto requisito contributivo entro l'età massima di 70 anni (da adeguare alla stima di vita). Il trattenimento in servizio non può essere concesso in nessun altro caso al di fuori di tale eccezionale circostanza.
Questo temperamento discende dalla sentenza della Corte Costituzionale numero 282 del 1991 ed è stato confermato dalla recente Circolare della Funzione Pubblica 2/2015. La Circolare precisa infatti che se "considerando tutti i periodi contributivi, il dipendente non raggiungerà il minimo di anzianità contributiva entro il raggiungimento dell'età anagrafica per la pensione di vecchiaia prevista dall'articolo 24, comma 6, del predetto decreto-legge n. 201 del 2011, l'amministrazione dovrà valutare se la prosecuzione del rapporto di lavoro fino al compimento dei 70 anni di età (oltre all'adeguamento alla speranza di vita) consentirebbe il conseguimento del requisito contributivo. In caso affermativo, l'amministrazione dovrà proseguire il rapporto di lavoro al fine di raggiungere l'anzianità contributiva minima. In caso contrario, l'amministrazione dovrà risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro".
Ad esempio se il lavoratore avesse 66 anni e 7 mesi ma solo 18 anni di contributi la pubblica amministrazione dovrà disporre il trattenimento in servizio sino a 68 anni e 7 mesi per permettere al lavoratore di guadagnare la prestazione di vecchiaia che, come già detto, richiede un minimo di 20 anni di contributi. Se il rapporto fosse risolto a 66 anni e 7 mesi costui non potrebbe accedere alla pensione in quanto carente dei 20 anni di contributi.
Prima di disporre il trattenimento le pubbliche amministrazioni dovranno però valutare se il requisito dei 20 anni di contributi possa essere integrato sommando le anzianità contributive relative a diverse gestioni previdenziali ai fini dell'esercizio della totalizzazione o del cumulo contributivo gratuito secondo quanto stabilito dall'articolo 1, commi 238-248, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Così, ad esempio, qualora il nostro lavoratore avesse altri 5 anni di contributi nella gestione separata, non potrà ottenere il trattenimento perché, tramite questi due istituti, egli potrebbe perfezionare il requisito contributivo minimo di 20 anni per la prestazione di vecchiaia (18 anni + 5 anni = 23 anni di contributi).
Come già detto però, il requisito dei 70 anni di età previsto dalla Circolare 2/2015 va adeguato alla speranza di vita, che generalmente è destinata ad aumentare in maniera progressiva. Ad esempio nel 2016 si è verificato un adeguamento pari a quattro mesi, il prossimo avverrà il primo gennaio 2019 e potrebbe essere anche superiore all’ultimo. Pertanto allo stato attuale, ai fini del raggiungimento dell’anzianità contributiva minima, il rapporto di lavoro per un dipendente pubblico potrebbe protrarsi sino al quarto mese successivo al compimento del 70° anno di età.
Va precisato però che, con riferimento al comparto scuola, tale disciplina generale applicabile a tutto il settore pubblico va contemperata con quanto previsto dal Testo Unico sulla scuola, il d.lgs. 297/94. L’art. 509 del d. lgs 297/94 – Collocamento a riposo per raggiunti limiti d'età – , recita infatti al comma 3: “Il personale, che, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, non abbia raggiunto il numero di anni richiesto per ottenere il minimo della pensione, può essere trattenuto in servizio fino al conseguimento di tale anzianità minima e, comunque, non oltre il settantesimo anno di età.”
Ebbene, il tenore letterale della norma ci lascia legittimamente pensare che il lavoratore abbia a disposizione tutto il 70° anno di età (quindi sino al compimento del 71°) per raggiungere l’anzianità contributiva minima. Pertanto, posto che l’art. 509 è tuttora in vigore e che il d.lgs 297/94 è certamente una legge speciale, in virtù del principio “lex specialis derogat generali”, si deve concludere che gli insegnanti ed il personale ATA debbano godere di questa interpretazione di maggior favore che concede dodici mesi in più rispetto alla Circolare 2/2015 per il conseguimento del requisito contributivo.